L’assedio e la caduta di Motya avvennero all’inizio del IV secolo a.C., per mano dell’esercito di Siracusa guidato dal suo tiranno Dionisio I e dai suoi alleati. L’isola rappresentava per Cartagine uno dei punti commerciali più fiorenti della Sicilia, oltre a essere una solida fortezza.
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Contesto delle guerre greco-puniche
Questo evento si inserisce nel contesto della seconda guerra dei Greci di Sicilia contro Cartagine.
Il quadro si può ricostruire a partire da un episodio della guerra del Peloponneso, quando gli Ateniesi lanciarono una spedizione in Sicilia (nel 415 a.C.) contro il dominio di Siracusa, allora una democrazia, e dei suoi alleati, con il pretesto di soccorrere la città elima e alleata di Segesta. Quest’ultima era minacciata dalla sua rivale greca Selinunte.
La spedizione si concluse con un disastro per gli Ateniesi in una battaglia vicino a Siracusa, e i sopravvissuti lasciarono la Sicilia nel 413 a.C. Questo evento ebbe un impatto determinante nella guerra del Peloponneso contro Sparta, e nel 411 a.C. Atene conobbe una rivoluzione oligarchica. Anche Siracusa, a causa delle devastazioni della guerra, affrontò una grave crisi sociale ed economica.
Segesta si rivolse allora ai suoi tradizionali alleati, i Cartaginesi, per ottenere aiuto contro Selinunte. Fu l’inizio della seconda guerra greco-punica, quando nel 409 a.C. il comandante cartaginese Annibale di Giscone sbarcò in Sicilia. Lasciando la sua flotta nei pressi di Motya, marciò su Selinunte, che assediò, conquistò e devastò. Sottomise anche Imera e tornò a Cartagine con un ricco bottino.
Nel 408 a.C., Ermocrate, uno stratega siracusano in esilio, ricostruì Selinunte e condusse incursioni nella regione, da Motya a Palermo (in seguito tentò un colpo di stato a Siracusa, dove trovò la morte).
Per rappresaglia, nel 407 a.C., Annibale condusse una nuova spedizione punica, facendo di Motya una base permanente per la sua flotta. Diverse città greche furono sottomesse, tra cui Agrigento, Gela e Camarina. L’esercito marciò verso Siracusa, ma fu colpito da un’epidemia. Annibale morì e fu sostituito dal nipote Imilcone II, che dovette negoziare la pace con Siracusa in una posizione di debolezza nel 404 a.C.
Poco tempo dopo, Dionisio I, il giovane tiranno, salì al potere a Siracusa in piena crisi sociale. Fortificò la città e Ortigia con una cinta muraria di 27 km.
A partire dal 403 a.C., iniziò un’espansione contro le città sicule, rompendo il trattato, considerato sfavorevole a Siracusa e ai suoi alleati, animati da un forte sentimento di rivalsa. Costruì un vasto esercito, con il supporto di mercenari, navi da guerra e nuove armi sofisticate (catapulte, baliste, torri d’assedio). Diverse città furono sottomesse dal 403 a.C., tra cui Erbesso, poi Aitna, Catania, Naxos e Lentini.
Di fronte alla minaccia, i Cartaginesi reclutarono nuove truppe, mentre Dionisio radunava attorno a sé le città devastate da Cartagine, spinte dalla sete di vendetta: Camarina, Gela, Agrigento, Imera e Selinunte. Marciò su Erice, città elima, convincendola ad allearsi con lui, forse per paura o per desiderio di rivalsa. Il passo successivo fu Motya, per l’importanza strategica della sua base navale.
Assedio di Mozia
Secondo il racconto di Diodoro Siculo, il tiranno Dionisio I assediò Motya nel 397 a.C. con un imponente esercito: circa 80.000 fanti, 3.000 cavalieri, 200 navi da guerra e 500 navi da trasporto.
All’avvicinarsi dell’esercito, gli abitanti di Motya si rifugiarono dietro le loro mura, in attesa dei rinforzi cartaginesi, distruggendo il passaggio che collegava l’isola alla terraferma.
Dionisio iniziò faticosamente la ricostruzione della strada, affidò l’assedio al fratello Leptine e marciò sulle ultime città filo-cartaginesi della Sicilia, tra i Sicani. All’arrivo dell’esercito siracusano, la maggior parte delle città si ribellò contro i comandanti punici e si unì a Siracusa, ad eccezione di cinque: Ancyra, Palermo, Solunto, Segesta ed Entella. Dionisio devastò il territorio attorno alle prime tre (abbattendo persino gli alberi) e assediò temporaneamente Segesta ed Entella, troppo ben fortificate, prima di tornare a Mozia, suo obiettivo principale.
Nel frattempo, il comandante punico Imilcone II aveva radunato combattenti da diversi territori cartaginesi. Condusse una diversione, inviando una spedizione militare notturna contro Siracusa, durante la quale 10 navi distrussero i resti della flotta siracusana rimasta nel porto.
Dionisio non si mosse e schierò le sue truppe intorno a Motya.
Imilcone II preparò un attacco a sorpresa contro la flotta siracusana a Motya. Una mattina, 100 triremi colsero di sorpresa le navi a sud della laguna, per lo più navi da trasporto. Bloccate sui fondali bassi, non poterono manovrare e furono incendiate. Imilcone attaccò quindi le navi da guerra più a nord nella laguna, vicino al porto di Motya, cercando di intrappolarle. Queste si difesero con gli arcieri e con nuove armi da terra, come le catapulte e le baliste, sorprendendo i Cartaginesi.
Dionisio fece nascondere a terra 80 galee e le fece attraversare (in numero imprecisato) i bassifondi a nord della laguna. Temendo di essere accerchiato, Imilcone decise di abbandonare la baia e Motya al suo destino.
Dionisio continuò la costruzione della strada fino a poter avvicinare le macchine d’assedio, schierandole vicino alle mura.
L’attacco principale avvenne a nord (dove sono state ritrovate molte frecce), con l’uso di arieti, catapulte, frecce, ecc. Gli abitanti di Motya versarono pece incendiata sulle macchine d’assedio, ma non riuscirono a impedire agli assalitori di aprire una breccia.
Dopo giorni di resistenza accanita, Dionisio adottò una nuova strategia.
Uno dei migliori soldati siracusani si introdusse di notte (durante la quale entrambi gli schieramenti erano soliti riposare), attraverso una casa diroccata dietro la muraglia abbattuta, accedendovi con una scala. La fortificò e fece venire i suoi compagni.
Quando i Motyesi si resero conto dell’accaduto, era troppo tardi: i soldati di Dionisio avevano ormai un vantaggio decisivo. L’esercito dilagò in tutta la città e massacrò senza pietà donne, bambini e anziani.
Volendo vendere gli abitanti come schiavi, Dionisio cercò con difficoltà di placare i suoi uomini e proclamò come poté ai Motyesi di rifugiarsi nei templi greci. Forse alcuni riuscirono così a sopravvivere, mentre altri fuggirono a nuoto.
I greci che vivevano a Mozia e si erano schierati con i Punici furono crocifissi da Dionisio, considerati traditori.
La città fu saccheggiata e spogliata delle sue ingenti quantità d’oro e d’argento, ma non venne rasa al suolo, a differenza di quanto fece Annibale a Imera nel 409 a.C. (per vendicare la morte del suo antenato).
Dionisio tornò vittorioso a Siracusa. Lasciò sull’isola una guarnigione, comandata dal siracusano di nome Bitone, e affidò a suo fratello Leptine una flotta di centoventi navi per pattugliare il mare della Sicilia occidentale e condurre incursioni contro Segesta ed Entella.
Le conseguenze della distruzione
Successivamente, Imilcone sbarcò a Panormo, riconquistò Erice (Eryx) e respinse i siracusani, riprendendo il controllo dell’isola di Mozia. Tuttavia, la città era ormai definitivamente distrutta e i sopravvissuti si stabilirono nella vicina colonia di Lilibeo, che divenne la nuova fortezza punica (l’attuale Marsala). Mozia conobbe in seguito solo alcune ville di epoca ellenistica e romana.
I Cartaginesi vendicarono la distruzione di Mozia dando inizio a una terza invasione della Sicilia. In particolare, Messina fu distrutta e i suoi abitanti massacrati. Dopo una vittoria sulla flotta greca nella battaglia di Catania, Imilcone assediò Siracusa nell’autunno del 397 a.C., il primo dei quattro assedi cartaginesi contro la città (tra il 397 e il 278 a.C.).
Nell’estate del 396 a.C., un’epidemia devastò le truppe puniche e Dionisio ne approfittò per scacciare gli assedianti.
Informazioni
Siti esterni
- Assedio di Mozia: it.wikipedia.org
- Guerra greco-punica: it.wikipedia.org
- Guerra del Peloponneso, spedizione in Sicilia: it.wikipedia.org